“Guido Nannini tra imprenditoria e arte: opere di Ennio Calabria”
Comunicato Stampa
SUCCESSO PER LE OPERE DI ENNIO CALABRIA IN “GUIDO NANNINI TRA IMPRENDITORIA E ARTE”
Roma –dal 12 al 26 maggio presso Plus Arte Puls decine di visitatori hanno apprezzato il progetto “Guido Nannini tra imprenditoria e arte: opere di Ennio Calabria”.
Eccezionalmente in mostra le opere di Ennio, abbinate alla presentazione del volume e del filmato (regia di Giulio Latini), dedicati all’imprenditore Guido Nannini della nota azienda Caffè MOCA di Pomezia e alla sua Collezione.
Il progetto a cura di Rita Pedonesi (Archivio Calabria) evidenzia le ragioni, le immaginazioni e l’impegno di un imprenditore che ha fatto della sensibilità umanistica, dell’identità consapevole, della passione per l’arte (ereditata dal padre e dal nonno), il proprio tratto distintivo. Attraverso le sue parole, i confortevoli spazi fisici della sua impresa legata al caffè, la testimonianza dell’amicizia e del dialogo profondo intessuto con il pensiero e l’immaginazione artistica di Ennio Calabria – confluiti in una significativa collezione con alcuni ritratti e altre opere rappresentative dell’intero percorso pittorico dell’artista – si delinea un intenso profilo.
Quello che parla la lingua vitale e quanto mai necessaria dell’incontro con l’altro, dell’ascolto, del rispetto e della collaborazione creativa tra imprenditoria e arte.
Il pregiato volume, con testo critico di Ida Mitrano e i ritratti fotografici di Guido Nannini e dell’artista di Alessandra Pedonesi, è accompagnato all’interno dal DVD del filmato.
Scrive ida Mitrano: […] Il ritratto di Guido Nannini, “Guido, la natura” (2020), ultima acquisizione della Collezione MOCA Nannini è piena espressione di questo processo creativo, della dimensione del “sentire”.
Somigliante nell’invenzione della visione, l’opera nasce dallo scarto tra ciò che ci si aspetta e ciò che si vede, tra l’immagine pubblica e ciò che si rivela allo sguardo.
C’è qualcosa in Guido, la natura e nei ritratti di Gloria (Santarelli Nannini) e di Franco Nannini, rispettivamente del 2010 e del 2014, che li unisce sebbene realizzati nell’arco di un decennio.
Non è l’ovvia parentela tra i personaggi, ma qualcos’altro. Le mani sembrano essere il punto focale di questo trait d’union.
La leggerezza delle mani di Gloria rivela la sua gentilezza, la riservatezza dei suoi modi, l’intensità della sua silenziosa presenza.
Il vigore delle mani di Franco è il segno della sua vitalità, della sua capacità comunicativa, della sua fiducia e impegno nel lavoro.
Le mani, le “mani albero” di Guido sono questo e altro.
Passione, vivacità, acutezza, energia, umiltà, rispetto.
È un imprenditore che non ha perso il senso dell’umano, anzi ne ha fatto il fondamento della sua attività, seguendo le orme del nonno, del padre.
È il suo tratto distintivo, quell’unicità che Calabria ha colto e restituito in Guido, la natura, nell’unione feconda e simbolica tra uomo e albero che svela il carattere di Guido così come lo “sente”, lo vive l’artista: un imprenditore che è “l’antitesi della disumanizzazione”.
Ritrovare il tempo dell’ascolto, della presenza consapevole in una società accelerata, sempre più lontana dall’uomo, è fondamentale.
Non è un caso che Guido Nannini associ “il caffè alla cultura dell’incontro”.
Un incontro dove impresa e arte, lavoro e vita dialogano.
A sottolinearlo è la stessa Collezione che abita lo spazio dell’azienda, riconoscendo così il valore dell’arte nella quotidianità e nella collettività.
D’altra parte anche la Collezione nasce dall’incontro, quello con Ennio Calabria. Un’amicizia consolidata negli anni, dove l’acquisizione delle opere è il segno tangibile di una comune attenzione all’uomo, a quel senso dell’umano oggi smarrito, e invece così presente nella pittura dell’artista.
La figura umana non è mai stata un pretesto per Calabria ma luogo d’incontro con sé e l’altro.
Uno sconosciuto, sé e l’altro, con cui ogni volta relazionarsi sapendo che non si sono strategie da seguire, se non vivere il processo creativo come spazio e tempo dell’accadere nel farsi consapevole e inconsapevole dell’opera, perché non c’è altra possibilità che il “sentire” per cogliere ciò che per sua natura appartiene alla dimensione del profondo, alla categoria dell’indicibile come afferma l’artista stesso.
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