International Women’s Day: “La bellezza oltre” – testimonianze di donne “Fiori d’Acciaio”.

iazzetta e ventriglia

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Comunicato Stampa

L’Assessore alla cultura del Comune di Cancello ed Arnone, dott.ssa Annamaria Di Puorto, in collaborazione con la giornalista Matilde Maisto e con la prof.ssa Marinella Viola, docente del Liceo Scientifico G.Galilei di Mondragone, in occasione del mese dedicato alla donna, organizzano un evento, presso la sede staccata dell’Istituto di Cancello ed Arnone, in via Settembrini, a cui parteciperanno gli alunni delle classi 4^ e 5^. Tema dell’incontro: International Women’s Day  “La bellezza oltre”  - testimonianze di donne “Fiori d’acciaio”, che avrà luogo il 7 Marzo p.v. alle ore 10,30. L’incontro sarà realizzato secondo il seguente programma: - Saluti dell’Assessore del Comune di Cancello ed Arnone dott.ssa Annamaria Di Puorto. - Saluti del Dirigente Scolastico dell’Istituto G. Galilei prof.ssa Antonietta Pellegrino. - Saluti della prof.ssa Marinella Viola, docente della sezione del liceo di Cancello ed Arnone. INTERVERRANNO - La giornalista Mina Iazzetta, che porterà una sua personale testimonianza - La dott.ssa Maria Luisa Ventriglia, che ci parlerà di un evento molto drammatico della sua vita. MODERA - La giornalista Matilde Maisto. Per spiegare meglio la figura di Mina Iazzetta accenniamo brevemente alla sua storia, poi sarà lei stessa che ne parlerà con maggiori dettagli. La storia. La battaglia di Mina contro il cancro (anche) con un vestito rosso Una donna e la malattia, la voglia di resistere e di testimoniare attraverso i social. «Non lascerò che spenga i miei occhi». Ha indossato quel vestito rosso. Poi si è fatta fotografare sul lettino, l’ago della chemio nel braccio, sorridente, quasi sfrontata. Tre mesi fa la diagnosi. Brusca. «Poche parole: “Signora, lei ha un tumore maligno”», racconta. Poteva cedere alla disperazione. Non lo ha fatto: «Vedo soltanto luce. Penso che il mio cancro sia una lezione di vita, che mi è capitato perché dovevo imparare tante altre cose». Sebbene il suo primo istinto neppure sia stato la disperazione, ma «proteggere le persone che amavo e che mi amano, non volevo che vivessero questo incubo». Il sole tramonta sulla spiaggia. Mina Iazzetta subito dopo la diagnosi decide subito una cosa. “Non l’avrei data vinta al tumore, almeno per le cose che sarebbero dipese da me”. Impara subito una cosa: “Diamo tutto per scontato, la vita non dobbiamo darla per scontata”. Sa che il cancro avrebbe potuto spegnere la luce che ha negli occhi, “non glielo permetterò – dice – La continuerò a vedere”. Perciò posta su un social le sue foto, “me ne faccio tante”. Cominciò a scattarle quando aveva ancora i capelli e, per far abituare la sua famiglia, aveva già cominciato a mettere un foulard intorno ala testa: “Cambiavo ogni giorno, il foulard o il modo di annodarlo. Poi guardavo la foto e dovevo riconoscermi. Dovevo guardare i miei occhi e continuare a trovarci Mina”. Ha finito qualche giorno fa il ciclo di chemio “rosse”, le più pesanti e invasive, «quelle che avrebbero dovuto trasformarmi». Per salutarle «ho messo un bel vestito rosso e mi sono fatta la foto. E ci ho tenuto a essere bella. Per mostrare alle altre persone che se ce la faccio io, ce la può fare chiunque». Fra un mese ne inizierà un altro ciclo, ma di chemio più “leggere”. Ricorda bene le prime volte: «Entravo e vedevo solo persone distese sugli altri lettini, i loro occhi spenti, che non voglio vedere. So che è brutto dirlo, ma sembrava l’anticamera della morte». Così da allora decide che «ogni volta che sarei andata a fare le chemio, avrei voluto vedere quelle persone sorridere» e comincia a parlare con loro, a dare forza, «ci confrontiamo, sono nate amicizie…». Proprio non ce la fa: «Non accetto – dice - le persone che dopo la sentenza di un tumore si chiudono a casa e smettono di vivere. Noi dobbiamo curarci non solo fisicamente, dobbiamo coltivare anche la nostra anima». La morte? «Ci ho pensato, certo, il risultato della partita non è scontato», risponde: «Non mi fa paura, ho pensato che per come è stata la mia vita dall’altra parte mi posso aspettare solo cose belle». Invece «deve aver paura chi fa fatto del male, mi dispiace per chi è cattivo. Non so come possono affrontare questi momenti…». Il sole ormai è sceso. Ci diamo appuntamento fra un anno, sempre qui sulla spiaggia, sempre al tramonto, per fare la seconda puntata dell’intervista? «Va bene, certo!», risponde. Sorridendo. L’intervista al momento è terminata, ma nel frattempo la vita è andata avanti e Mina Iazzetta è attualmente guarita, ha vinto, quindi la sua tenacia, il suo coraggio e la sua grande voglia di vivere. Voglia e gioia di vivere che da sempre ha voluto trasmettere al suo prossimo. Maria Luisa Ventriglia, invece, è una donna partorita dal più forte dei dolori che un essere umano possa provare, la perdita del proprio figlio a causa di una malattia neurodegenerativa provocata dall’ingestione di carni infette ed al cui capezzale lei ha giurato a se stessa di rendergli giustizia informando l’opinione in merito alle encefalopatie da prioni.  MARIALUISA VENTRIGLIA E’ AUTRICE DEL LIBRO “NERO SU BIANCO” – LA VITA DOPO IL DRAMMA: IL LUTTO, L’IMPEGNO, LA RINASCITA. QUESTO E’ IL LIBRO “NERO SU BIANCO”, STORIA DI UNA MADRE, MARIA LUISA VENTRIGLIA, RINATA DOPO LA PERDITA DEL FIGLIO. Per lo scrittore napoletano Vincenzo Torella “Nero su Bianco” è “un romanzo, un diario, un tributo a una vita spezzata. Uno sfogo, una denuncia. Tante sono le definizioni, ma tante soprattutto le emozioni, che attraversano il viaggio emotivo tracciato nelle pagine del libro. Il viaggio emotivo di una madre che lotta, che cade e si rialza, che cerca la verità, che si informa, che protegge la sua famiglia, che fa fronte alla tragedia meno comprensibile: sopravvivere ad un figlio che ha perso la sua battaglia contro una malattia che poco ancora fa sapere di sé. E’ un libro che resta tatuato addosso, come un segno indelebile, come un insegnamento dal valore inestimabile. Dopo questo viaggio emotivo non si torna indietro”. Non ci resta che attendere la data del convegno, quindi, ed ascoltare queste donne belle, forti e coraggiose proprio come “Fiori d’acciaio”.