«Tu sei stato il nostro capo, tu ci hai insegnato il male». Il castello di Zagaria, a colpi di indagini e pentiti, si sta sgretolando, ma attenzione: il nefasto si rigenera, sempre
“Tu sei stato il nostro capo, tu ci hai insegnato il male ed abbiamo trasmesso il male.” Sembrano parole tirate fuori da un libro satanico, da un volumetto, da recitare incappucciati tra candele, che inneggia a Belzebù. Questo virgolettato, invece, con meno esoterismo, rappresenta una dichiarazione del pentito Massimiliano Caterino, meglio conosciuto nell’agro aversano come ‘o Mastrone, resa, lo scorso maggio, al giornalista di Rai 3, Geo Nocchetti (CLICCA QUI PER GUARDARE IL VIDEO INTEGRALE).
E' inutile girarci intorno: Caterino ha rappresentato la crepa base che ha destabilizzato tutto il castello.
L’altra picconata alle fondamenta della mega struttura zagariana è stata inflitta, nell'aprile del 2014, dal brianese Attilio Pellegrino, ex Mallardo trasmigrato nel clan dei Casalesi per gestire le finanze (al tempo della cassa comune della mafia casertana).
Tracciare un perché generale e comune dei pentimenti è impossibile. Ogni affiliato è stato spinto a collaborare con la giustizia da un motivo proprio, personale, che varia di caso in caso: si tratta di impulsi che vanno dalla non sopportazione, fisica e mentale, del peso della galera, alla costatazione dei problemi economici del Clan, dalla volontà di garantire una “vita diversa” ai propri cari, all'incredulità di essere accusato di reati non fatti da compagni della medesima cordata criminale. E la storia dei sensi di colpa? Ci crediamo poco.
Al di là dei moventi, però, la collaborazione, lo scriviamo con una massiccia dose di cinismo giudiziario, resta un fattore fondamentale, quasi indispensabile per rendere solidi gli impianti accusatori forniti dall'antimafia partenopea.
Dopo anni di dominio camorristico, di espansione economica, la fazione che nel post Schiavone più è cresciuta in termini di fatturato e di potere territoriale, ha incassato sberle pesanti dallo Stato: citiamo l’ultimo colpo messo a segno dalla Procura di Napoli grazie al sequestro da 2 milioni e mezzo di euro a carico di 4 indagati ritenuti contigui al gruppo di Casapesenna (CLICCA QUI PER LEGGERE)
Tuttavia c’è ancora altro da ‘sgamare’, c’è la maledetta zona grigia, un universo da scoprire, animato da insospettabili, professionisti dell’impresa e della politica, e c’è il mondo dell’alta finanza, che custodisce i bottini della famiglie mafiose (bottini che, ancora non toccati, determinano uno dei motivi della sopravvivenza del clan). Per non dimenticare le nuove direttrici del guadagno mafioso, che, gradualmente, si stanno adagiando sempre più sul mercato della droga (basta dare un'occhiata alle nuove piazze di spaccio itineranti presenti sorte in Terra di Lavoro).
Cosi come l'abbiamo conosciuto, il fortino di Zagaria non c'è più, sta crollando, e questo è un dato oggettivo, ma serve tener alta la guardia: il male che il boss di Casapesnna ha insegnato, nonostante gli sforzi, rischia di rigenerarsi, sempre.
Giuseppe Tallino
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