Omicidio Mottola, custodia cautelare in carcere per tre indagati

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Comunicato Stampa 

Nelle prime ore della mattinata odierna, nell’ambito di un’indagine coordinata dai magistrati della Procura della Repubblica di Napoli - Direzione Distrettuale Antimafia, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta, nelle province di Caserta, Sassari e Milano, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP presso il Tribunale di Napoli, nei confronti di 3 indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di concorso in omicidio, detenzione e porto illegale di arma da fuoco aggravati dal metodo e finalità mafiose.

L’indagine, avviata nell’anno 2016, a seguito delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, tra i quali MISSO Giuseppe e PANARO Nicola, consentiva, attraverso una laboriosa attività di riscontro, di far luce su di un efferato omicidio in danno del pregiudicato MOTTOLA Antonio (nato a Casal di Principe il 01.04.1959), avvenuto in Casal di Principe (CE) in data 5 luglio 1995, affiliato all’organizzazione camorristica della Nuova Famiglia, capeggiata allora da BARDELLINO Antonio, operante in Casal di Principe e nei comuni limitrofi, per conto della quale era addetto alla raccolta del denaro proveniente dalle estorsioni a commercianti ed imprenditori.

L’attività investigativa condotta dai militari dell’Arma collocava il fatto di sangue nell’ambito di quell’epurazione degli esponenti facenti capo alla famiglia “Bardellino” nonché nella successiva contrapposizione armata nell’ambito dello stesso clan dei casalesi, tra gli SCHIAVONE/BIDOGNETTI da una parte e i DE FALCO/QUADRANO/VENOSA dall’altra.  In particolare il delitto fu commissionato da SCHIAVONE Walter e materialmente eseguito da RUSSO Giuseppe detto “o’ padrino”, MISSO Giuseppe detto “caricallieg”, PANARO Nicola detto “o’ principino”, CATERINO Oreste (deceduto) e SALZILLO Bruno (con il ruolo di segnalare la presenza della vittima) perché, alla luce dell’allora recente collaborazione con la giustizia di QUADRANO Giuseppe, si temeva che anche il MOTTOLA Antonio, appartenente alla medesima fazione di quest’ultimo, potesse, qualora arrestato, riferire su eventi delinquenziali per loro compromettenti.