CAMORRA SENZA CONFINI. «Questo mi ha bruciato i mezzi». Il ‘litigio’ di Modena e la riunione tra i boss
Camorra e impresa: è questo il binomio in maggior misura affrontato dall’antimafia nell’odierna stagione dei pentimenti.
Nell’inchiesta sulla metanizzazione, frutto proprio di quest’era di conversione per molti affiliati, tra i diversi argomenti analizzati dagli inquirenti, sono presenti, infatti, alcune disamine proprio relative alle presunte relazioni tra imprenditori dell’agro aversano ed il boss Michele Zagaria.
I giudici del Palazzo Aragonese, a conclusione dell’iter di primo grado, diranno se quanto raccolto dalla Dda sia giusto o sbagliato. Nel frattempo, in attesa che le udienze entrino nel vivo, possiamo solo rendere noto degli elementi raccolti dall’accusa e ratificati dal gip Federica Colucci.
“Michele Zagaria è ‘socio’ di Antonio Piccolo”. Questa la frase di Massimiliano Caterino, rilasciata ai magistrati, che ha dato il via al supposto rapporto tra il business man e l’ex primula rossa del Clan.
“Con questo termine (‘socio’ ndr), - ha proseguito il collaboratore, - intendo dire che Piccolo godeva della protezione di Zagaria sotto tutti i punti di vista e condivideva gli utili derivanti dalle attività imprenditoriali eseguite anche su imposizione o indicazione dello stesso Zagaria. Si tratta di un rapporto che si fonda su una solida amicizia risalente nel tempo e che è proseguito nel corso degli anni spingendosi fino ad un vero e proprio rapporto societario”.
Il narrato di Caterino si è spostato, poi, anche suuna vicenda che non riguarda la provincia casertana, ma che sale al nord, in Emilia. “Zagaria, - ha affermato ‘o Mastrone, - avendo appreso da Antonio Piccolo che costui nel territorio di Modena aveva subito danni ai suoi mezzi, aveva intenzione di reagire violentemente nei confronti dell’autore del danneggiamento identificato in Sigismondo Di Puorto, detto Sergio.”
Tale episodio, in base al racconto del pentito, era stato determinato “da un contrasto per motivi di lavoro proprio nel territorio emiliano”, e fu oggetto, poi, anche di una riunione tra i vertici del Clan. “Michele Zagaria espose il problema a Nicola Panaro, responsabile della famiglia Schiavone a cui era legata la famiglia Di Puorto, il quale negò ogni coinvolgimento di Di Puorto. Anche se Zagaria non riteneva veritiera la risposta, - ha precisato Caterino, - decise di soprassedere e di non reagire nei confronti del Di Puorto onde evitare contstrai tra il gruppo Zagaria e quello Schiavone”.
Ha riferito su questa circostanza pure Nicola Panaro, pentito dell’ala Schiavone. “[…] Era una cosa assodata che Piccolo era di Zagaria, poi c’è stato un episodio con Sergio Di Puorto, ugarielli […] Dopo questo litigio, a questo Piccolo, - ha dichiarato il collaboratore al pm Sirignano, - gli furono bruciati dei mezzi di lavoro. […] Io mi sono interessato per tutelare proprio Di Puorto, perché comunque Zagaria disse ‘ questo mi ha bruciato i mezzi, ha bruciato i mezzi a Piccolo, ma quelli sono i miei i mezzi’. […] Ed in questo incontro ci stava Antonio Iovine, se non mi sbaglio anche Peppinotto.[…]”
Giuseppe Tallino
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