CAMORRA & BISCHE «Se tuo fratello non è in grado di farsi rispettare, digli di riferire che la giocata è di Zagaria»
I debiti di gioco vanno onorati. E ancor di più vanno saldati, con urgenza, se a vantare il credito non è un povero cristo, un uomo comune, ma una persona che, secondo collaboratori di giustizia, avrebbe rapporti con il capo dei capi, con il boss di un clan forte, spietato.
Questa è la logica raccontata da Generoso Restina, detto Gerry, uno che, a sua detta, di mafiosi ha contezza, perché ne ha ospitato uno, Michele Zagaria, per diverso tempo.
I racconti di questo pentito, per chi vive Terra di lavoro, per chi è cresciuto nell’agro aversano, non risultano eccessivi, ma comuni, paradossalmente logici. Appaiono strani, ininfluenti, quasi irreali per tutti gli altri che con questi ambienti, fortuna (e bravi) loro, non hanno mai avuto nulla a che spartire.
“…omissis… Preliminarmente voglio specificare che Michele ZAGARI, - ha dichiarato il collaboratore, - controllava l’attività di gioco e scommesse a Casapesenna, San Marcellino e Frignano attraverso Giacomo CAPOLUONGO, fino al momento dell’interruzione dei loro rapporti. Sono a conoscenza di questo fatto perché negli anni in cui ho ospitato Michele ZAGARIA in via Cristoforo Colombo, mi è capitato diverse volte di sentire dei colloqui al citofono in cui lui parlava con Giovanni GAROFALO e talvolta anche col fratello di cui adesso non ricordo il nome. I fratelli GAROFALO infatti erano incaricati, tra le altre cose, da Michele ZAGARIA, a gestire quest’attività laddove per quest’attività intendo la raccolta delle scommesse in bische clandestine, la raccolta delle scommesse in attività commerciali e la distribuzione di macchinette slot in esercizi commerciali.”
Dei presunti business, legati al gioco, dell’ex primula rossa del Clan, abbiamo scritto varie volte (CLICCA QUI), riportando le testimonianze di diversi pentiti inserite nelle recenti ordinanze d’arresto richieste dalla Dda ed emesse dal Tribunale di Napoli. Quindi, non è tanto, l’aspetto affaristico che oggi vogliamo evidenziare. Desideriamo concentrarci, invece, su una vicenda di colore, narrata sempre da Restina, giusta per far comprendere l'aria che si respirava in quegli ambienti e le norme comportamentali da adottare con chi poteva 'spendere' il nome del boss Zagaria.
“Dei due fratelli però, - ha proseguito l’ex vivandiere del boss, - il vero gestore dei quest’attività era il fratello di Giovanni GAROFALO il quale si occupava in prima persona, attraverso un suo gruppo, di collocare le macchinette a Casapesenna e San Marcellino nonché di ritirare i proventi delle vincite. A questo proposito posso riferire un aneddoto che lo riguarda e che si verificò nell’anno 2007 se non sbaglio allorquando io ho assistito ad una conversazione citofonica tra Michele ZAGARIA e Giovanni GAROFALO. In sostanza era avvenuto che alcuni dei giocatori di una bisca clandestina gestita dal fratello di Giovanni GAROFALO, non avevano onorato i debiti di gioco e di questo fatto Giovanni GAROFALO aveva dato comunicazione a Michele ZAGARIA. Quest’ultimo con tono adirato disse a Giovanni GAROFALO che il fratello avrebbe dovuto spendere il suo nome nei confronti dei debitori per far loro comprendere che il debito era in realtà a lui direttamente riconducibile. Gli disse testualmente:'la giocata è la mia se tuo fratello non è in grado di farsi rispettare, digli di riferire che la giocata è di Michele ZAGARIA'. In quell'occasione, - ha precisato Restina, - ebbi pertanto conferma che l’intera attività di gioco a Casapesenna fosse stata demandata al fratello di Giovanni GAROFALO."
Giuseppe Tallino-
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