La Procura scrive parole forti e coraggiose che questa terra non merita: «Il funzionamento della S.U.A. è stato negativo». Non c’è speranza

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Quante battaglie politiche, negli anni scorsi, si sono consumate in diversi consigli comunali della provincia casertana,  innescate dalle richieste di adesione (spesso promosse dalle minoranze)  alla Stazione Unica Appaltante, per gestire gli appalti in modo trasparente e regolare? Tante.

Poi, arriva una mattina (verrebbe da dire una mattina come tante altre per Terra di Lavoro) durante la quale Guardia di Finanza e Carabinieri arrestano 20 persone per vicende legate ai servizi di igiene ambientale espletati in alcuni paesi dell’alto casertano.

E sempre nel corso di quella mattinata (che è quella di martedì scorso, 13 settembre) si giunge anche alla lettura di forti e coraggiose parole scritte dal Procuratore di S.Maria, M. Antonietta Troncone, le quali, di fatto, vanno  a smontare, parzialmente, proprio le finalità delle legittime lotte intraprese per spingere le amministrazioni comunali ad aderire alla Sua.

Ciò che scrive la dottoressa Troncone va logicamente contestualizzato nella complessa indagine che ruota intorno alla gestione del ciclo rifiuti, affidato alla Termotetti, e al lavoro svolto da Impresud Srl e Ge.Sia Spa sulla frazione umida o organica della monnezza (CLICCA QUI PER LEGGERE I DETTAGLI DELL’OPERAZIONE ED I NOMI DEGLI ARRESTATI).

Tuttavia, precisato l’ambito che le ha prodotte, le affermazioni della Procura non possono non rappresentare pure un generale campanello d’allarme.

“[…] Nell'ottica del legislatore, la S.U.A. è stata istituita al fine di ‘assicurare la trasparenza, la regolarità e l'economicità della gestione dei contratti pubblici e di prevenire il rischio di infiltrazione mafiose’. L'istituzione della S.U.A. su base regionale avrebbe dovuto consentire agli enti locali, - ha informato Troncone, - di avvalersi di un soggetto sufficientemente vicino alla realtà territoriale ma, nello stesso tempo, rigorosamente vincolato al rispetto della normativa vigente in materia di contratti pubblici, che avesse, tra i suoi precipui obiettivi, quello di garantire l'uniformità delle procedure di scelta del contraente nell'ambito del bacino di competenza.”

“Tali pregevoli propositi, tuttavia, - ha precisato il Procuratore, - non sono stati affatto rispettati in quanto, almeno nella provincia di Casetta, il funzionamento della S.U.A. è stato negativo, soprattutto perché la composizione delle commissioni giudicatrici, anche con riferimento alle procedure demandate alla centrale unica di committenza, hanno visto l'assoluto predominio dei membri nominati dal singolo comune che, pertanto, hanno orientato le attività della S.U.A. a loro piacimento […]”

Che Terra di Lavoro sia una landa martoriata, dove le mafie hanno inciso, non poco, sulla gestione degli appalti pubblici, è cosa nota. Che Terra di Lavoro, in diverse occasioni, non è stata capace di voltare le spalle alla corruzione, pure è cosa risaputa.

Sono questi, dunque,  i due assunti, a nostro avviso validissimi, alla base dei benevoli principi che spingevano e spingono alcuni Comuni a far espletare le gare da migliaia e da milioni di euro a strutture come la Sua, garantite dallo Stato, e  non a commissioni allestite nei municipi.

E’ un lavarsene le mani? Per certi versi si, ma, in teoria, doveva essere ( deve essere) un “lavarsene le mani” per i politici, tecnici e compagnia cantante, capace di garantire almeno “trasparenza, regolarità ed economicità della gestione dei contratti pubblici”.

A quanto pare, stando alle tesi della Procura, che dovranno essere ulteriormente vagliate da altri giudici, non è stato sempre così.

“Almeno nella provincia di Casetta, il funzionamento della S.U.A. è stato negativo”.

Il Procuratore Troncone, con tatto e decisione, ha sollevato una questione delicata, ha posto l’accento su un elemento scottante, sussurrato da tanti, ma affrontato, fino al suo intervento, da pochi.

Ci ricorda, in parte, anche se l’argomento era diverso, ciò che aveva messo nero su bianco la gip Isabella Iaselli sui presunti e strani ritardi della Prefettura di Caserta nelle risposte sulle certificazioni antimafia connesse all’ormai datata inchiesta Asl (parliamo del 2014), che rese ufficialmente popolare l’imprenditore marcianisano in odor di camorra Angelo Grillo (CLICCA QUI PER LEGGERE L’ARTICOLO).

La Iaselli, in quell’ ordinanza di custodia cautelare, abile nel dare uno scossone alla politica ed alla sanità casertana, sostenne che quei presunti ritardi erano  “un punto da approfondire”.

Non sappiamo se sia stato più approfondito. Certamente, ora, la disamina del Procuratore Troncone sulla Sua dovrebbe rappresentare un altro urgente “punto d’approfondire”.

Al netto di quello che diranno i riesami, le udienze preliminari ed i processi, al di là della  fattispecie di reato contestate ( e da verificare ) al presidente della provincia, Di Costanzo, al sindaco di Piedimonte Matese, Cappello, agli imprenditori Imperadore, Iavazzi e Sorbo, e ad altre 15 persone (non tenendo conto degli indagati a piede libero) resta e resterà, per l'ennesima volta,  l’amaro in bocca per il non funzionamento, sostenuto dalla Procura (non da  Pincopallino), di elementi che dovrebbero garantire procedure impermeabili alla corruzione, all'illecito.

Non vogliamo essere disfattisti, ma ci rendiamo conto che trovare, in questa terra, un apparato totalmente recalcitrante al malaffare è impresa ardua. Quasi impossibile.

Giuseppe Tallino