CAMORRA, TANGENTI & CAPPELLE. Il racconto, con tanti aspetti da svelare (?), di un pentito su una comune e triste storia di estorsioni

Immagine di repertorio

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Nelle ordinanze di custodia cautelare, emesse da giudici in nome del popolo italiano, spesso vengono omissati fatti e nomi che c’entrano poco o niente con la fattispecie d’interesse per il magistrato (magari è una faccenda, già affrontata in altre sedi), oppure sui quali (ipotesi più frequente), al momento dell’emissioni del provvedimento restrittivo, sono in corso (o non sono state ancora avviate) inchieste.

Al gip che ratifica una richiesta d’arresto, però, quel determinato brano, che può consistere in un’intercettazione o nella dichiarazione di un pentito, seppur a tratti velato, serve comunque ad avvalorare la tesi che ha sposato (l’accordo ad una misura cautelare). E se un giudice lo inserisce nell’ordinanza significa, ripetiamo, che,  pure  omissato, serve, è importante, è parte di un processo logico che ha condotto il togato ad una decisione importante: l’arresto di un indagato prima ancora di un processo.

Detto questo, è logico che analizziamo con sguardo diverso (più curioso), ora,  un triste e comune presunto episodio estorsivo (contenuto nella recente ordinanza Jambo) consumato a Parete, a detta del collaboratore Giovanni Meola, in relazione alla costruzioni di cappelle cimiteriali.

Omissis…. ha realizzato 10 cappelle nel Cimitero di Parete e durante la mia detenzione, - ha raccontato il pentito nel luglio del 2009, -  mi risulta che per la realizzazione di parte di queste cappelle già aveva versato delle tangenti a ….omissis…. Di Sarno, essendo quest’ultimo non affiliato, ma vicino al Gruppo di Alessandro CIRILLO nella riscossione delle tangenti in Parete. All’epoca aveva realizzato 1 o 2 cappelle e la tangente mi risulta fosse di 500 euro a cappella. A seguito della mia scarcerazione a Giugno 2008, non mi interessai alla vicenda, ma fu lo stesso ….omissis…, il predetto Vincenzo, a sollecitarmi affinché richiedessi la tangente a tutti gli acquirenti delle cappelle nel cimitero di Parete. Io mi attivai in tal senso, precisamente con riguardo alle cappelle ancora in fase di costruzione e molte di queste mi risultarono realizzate proprio da ….omissis….. Rappresentai detta circostanza a Vincenzo Di Sarno il quale non fece alcuna rimostranza, anzi mi disse che avrei fatto bene a chiedere la tangente anche al …omissis….. A questo punto, io dissi a Di Sarno che avrebbe stesso lui dovuto riferire a …omissis… di darmi 500 euro per ciascuna cappella realizzata, precisamente erano 10 le cappelle. Ricordo che in un successivo incontro, nel mese di ottobre 2008 in Piazza del Popolo, Vincenzo Di Sarno mi consegnò 1.000 euro, anzi preciso che la somma mi venne consegnata direttamente ….omissis…, che era presente insieme …omissis…. In questa occasione …omissis…, nel consegnarmi i 1.000 euro, mi disse che a breve mi avrebbe consegnato il restante. Preciso che lo stesso giorno, nel pomeriggio, ricevetti sul cellulare una telefonata da Di Sarno Vincenzo il quale mi disse di recarmi fuori al salone di barbiere …omissis…. Arrivato sul posto ed entrato nel negozio, Vincenzo DI SARNO mi chiese una parte della quota della tangente versata ….omissis…, ritenendosi un attivo partecipe dell’estorsione ai danni del predetto ed io gli consegnai 100 euro..…omissis…”

Nel corso della collaborazione con la Dda, Mola ha riferito anche un’altra circostanza sempre riguardante la costruzione di queste cappelle nel camposanto di Parete.

Si tratta di un ulteriore episodio estorsivo, - ha dichiarato il pentito, -  rispetto a quelli riguardanti sempre la realizzazione delle cappelle nel cimitero di Parete sui quali ho riferito nel precedente interrogatorio. L’episodio in questione è avvenuto nell’ottobre 2008 e ricordo che in un bar incontrai Vincenzo Di Sarno detto Provolone e …omissis….”

“Questi due soggetti,- ha precisato Mola, - erano delle persone che si rendevano disponibili nei mei confronti. Non erano affiliati al Gruppo, facevano riferimento solo a me, rendendosi disponibili, girando ad esempio per individuare possibili soggetti dai quali poi io mi sarei recato a chiedere le tangenti. In occasione dell’incontro dei predetti, - ha proseguito il collaboratore, - nel bar, questi mi riferirono di recarmi al cimitero di Parete in quanto avrei potuto chiedere le tangenti alle imprese che stavano li realizzando le cappelle. Io gli rappresentai che fino a quel momento non mi ero recato, in quanto per la realizzazione delle cappelle non vi è un unico imprenditore, risultandomi che le cappelle erano ciascuna realizzata da imprese diverse. Malgrado ciò, mi decisi, a seguito della loro comunicazione, a recarmi presso il cimitero e lì incontrai …omissis… che stava realizzando una cappella e gli chiesi una tangente pari a 500 euro. Preciso che con me era presente …omissis…. Non c’è stato bisogno, nell’avanzare la richiesta estorsiva, di minacciare …omissis…, né di fare riferimento al mio Gruppo camorristico di appartenenza, in quanto il predetto era bene a conoscenza della mia posizione e del mio inserimento nel gruppo di Luigi Chianese, avendo già subito nel 2007 altre estorsioni rispetto alle quali sono stato giudicato e condannato di recente, anche se preciso rispetto a queste vicende estorsive risulto l’unico imputato, ma ha partecipato anche …omissis… […]. Tornando alla richiesta di 500 euro al …omissis…, il predetto mi consegnò detta somma dopo un paio di giorni, sempre nel Cimitero e con me era sempre presente …omissis….”

“ […] Mi recai da solo sulla zona ei incontrai …omissis…, - ha  continuato il collaboratore, -  il quale era a, -onoscenza del mio inserimento nel gruppo criminale, che operavo in Parete, anche perché frequentavo spesso…omissis… al quale rendevo note le mie attività, sebbene preciso che quest’ultimo era assolutamente estraneo al gruppo. …omissis…, appena mi vide, mi rappresentò che in relazione ai lavori in questione aveva già da poco pagato la tangente a Vincenzo Di Sarno pari a 2.000 euro, somma che aveva versato in due volte e la seconda volta risaliva a circa una settimana prima del nostro incontro. In ragione di quanto mi fu rappresentato, non ritenni di avanzare una ulteriore richiesta estorsiva. …omissis…”

E' oggettivamente abbondante la presenza di nomi celati, in questo stralcio di interrogatorio, reso da Mola, adoperato dal giudice del Tribunale di Napoli, Federica Colucci. E per noi il quantitativo di omissis è direttamente proporzionale alla curiosità che essi ci suscitano.

Insomma, questa faccende delle cappelle è una storia archiviata, già chiusa e analizzata? Oppure, a distanza di 6 anni, è al vaglio dell'attenta e scrupolosa antimafia partenopea?

Giuseppe Tallino