S. Maria Capua Vetere: al Garibaldi “Sogno di una notte incantata”
SANTA MARIA CAPUA VETERE – Soltanto un artista multiforme e di alta levatura com’è Peppe Barra può immedesimarsi in un vasto repertorio testuale e sublimarlo davanti a un pubblico che intanto rimane trasognato. E proprio Peppe Barra giovedì 25 febbraio (alle ore 21), in ottimo tandem con Teresa Del Vecchio (nelle vesti della biondissima Gianna), porterà in scena al Garibaldi il “Sogno di una notte incantata” scritto a due mani, da lui stesso e da Fabrizio Bancale, liberamente ispirandosi a “Lu cunto de li cunti ” di Giambattista Basile. Accompagnerà i due interpreti un valente complesso strumentale: Paolo Del Vecchio (chitarra, mandolino), Alessandro De Carolis (flauti), Luca Urciuolo (pianoforte, fisarmonica) e Ivan Lacagnina (tammorre, percussioni). Scenografia di Luigi Ferrigno, musiche di Patrizio Trampetti, costumi di Annalisa Giacci, videoscenografie di Alessandro Papa e Mariano Soria, illustrazioni di Irene Servillo. Regìa del co-autore Fabrizio Bancale. Tutto nell’ambito del “Consorzio Campano Teatro e Musica” diretto da Nunzio Areni, personaggio assai caro ai casertani. L’accattivante spettacolo in effetti propone «un viaggio poetico e visionario a spasso nel cuore di Napoli attraverso i secoli, tra le fiabe di Giambattista Basile e il Pulcinella di Libero Bovio. Peppe Barra si imbatte in alcune tra le pagine più celebri della letteratura classica napoletana per innervarle con la sua dirompente ironia e la sua inconfondibile arte affabulatoria. Tra canzoni, villanelle e musica colta, all’insegna della napoletanità di ieri…e di oggi. Fa caldo in questa notte d’estate. Fa caldo come sa fare caldo solo in una città del sud del mondo, come Napoli. Peppe Barra sta dormendo, o almeno ci prova. E sogna. Sogna di aggirarsi in costumi seicenteschi all’interno di un mondo fiabesco e fantastico, tra luci accecanti e ombre nere, tra Principi e Orchi, tra fate, crudeli matrigne e animali parlanti». Tuttavia «nell’universo fiabesco di Basile si canta, si balla, si ride…si sogna». «Poi un rumore improvviso nella notte, o forse solo il caldo che non dà più tregua e Peppe Barra si sveglia di soprassalto. Prova a riaddormentarsi per riacciuffare nuovamente quei buffi e poetici personaggi raccontati da Basile, ma i sogni, si sa, sono spesso capricciosi e sfuggenti. Così Barra si ritrova a indossare il costume di Pulcinella, come raccontato da Libero Bovio. Pulcinella, il simbolo universale della napoletanità di cui incarna l’esuberanza, il virtuosismo mimico e canoro, lo spirito ironico, canagliesco e generoso, la filosofia pratica e disincantata, è morto ed ha ottenuto da San Pietro una breve licenza per poter salutare la moglie Colombina. Ma la Napoli che Pulcinella ritrova non è la stessa che aveva lasciato pochi anni prima: tutto è cambiato, non ne riconosce le strade, i passanti. Tutti corrono, si affannano e nemmeno lo riconosco. Forse, la Napoli di oggi non ha più bisogno di Pulcinella. Non ha più bisogno di favole e poesia. Il viaggio poetico e visionario, un vero e proprio “Sogno di una notte incantata”, inizia con la fiaba de “I sette palombelli”, che la regia ha deciso di utilizzare come ‘fil rouge’ dell’intera narrazione. Pian piano, intorno alla vicenda di Gianna che va alla ricerca dei suoi sette fratelli dai riccioli d’oro, Peppe Barra svela alcune delle più belle favole satiriche della tradizione partenopea: conosciamo l’ingenuo Vardiello, la papera d’oro, l’orco disperatamente innamorato del giovane Carcaverchia e tanti altri personaggi ironici e fatati». Traboccante allegria, quindi, quella che ti fa poi uscire, dal teatro, quasi risanato dalle pene della quotidianità. Info e prevendita: 0823.79.96.12.
Raffaele Raimondo
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