CAPUA. Al teatro Ricciardi il capolavoro “Filumè”

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CAPUA (Raffaele Raimondo) – Arteespettacolo e Prospet Produzione Spettacolo presenteranno mercoledì 24 febbraio (ore 21) al Ricciardi “Filumena Marturano”, uno dei capolavori della commediografia mondiale. Nei ruoli che furono di Titina De Filippo e dell’amato fratello Eduardo, Gloriana e Nello Mascia: interpreti fra i migliori del panorama attuale della napoletanità che parla senza confini al cuore del cuore degli uomini …e anzitutto delle donne. Sì, perché Filumena è forgiata, per sempre, come il prototipo della “fèmmena” che ha più coraggio del “maschio” Domenico Soriano che si lascia cuocere, come il polipo, nella sua stessa acqua. Un simbolo di donna-eroina, mamma-indomabile, moglie-astutissima. E Domenico invano resiste al vulcano. La chiama – “Filumeee’!” – e si capisce, nella pronuncia quasi singhiozzata di quel nome, tutto l’amore sdegnato, il cedimento e l’inevitabile resa finale. Accanto a Gloriana e Nello vi saranno Cloris Brosca (Rosaria Solimene) e Giancarlo Cosentino (Alfredo Amoroso) e Ferdinando Maddaloni (Avvocato Nocella). E ancòra  Francesca Golia (Diana), Antonio D’Avino (Michele), Antonio Filogamo (Umberto), Gianluca d’Agostino (Riccardo), Rossella Amato (Lucia, cameriera), Valentina Elia (Teresina, sarta), Sergio Caporaso (facchino). Musiche di James Senese, scenografia creata da Raffaele Di Florio, costumi di Luca Sallustio, disegno luci di Lucio Sabatino, aiuto regìa a firma di Ferdinando Maddaloni, regìa dell’attore co-protagonista Mascia.

E’ stato già scritto: «Filumena Marturano è tra i lavori di Eduardo più conosciuti e apprezzati. E’ stato proprio l’erede del grande maestro, Luca De Filippo, a concedere i diritti di rappresentazione all’attrice Gloriana in scena insieme a Nello Mascia, che ha accettato il doppio ruolo di protagonista maschile (Domenico Soriano) e di regista. Il 1946 fu un anno fondamentale della Storia d'Italia. Proprio in quell'anno l’Assemblea Costituente dibatteva il tema del diritto-dovere di riconoscimento dei figli illegittimi. Eduardo scrisse Filumena in pochi giorni, in un impeto creativo folgorante, che lo teneva sveglio anche di notte. L’opera è costruita all’interno di un quadro socio-culturale molto ben definito. La contrapposizione di due mondi: la Napoli dei “bassi” trasudanti miseria e dignità e la città “bene”, spensierata e inconsapevole che sfrutta ed umilia lo stuolo dei concittadini poveri. Due culture che non hanno possibilità di incontrarsi. Commedia sociale, la definì a giusta ragione Eduardo, ma anche commedia di sentimenti. L’istinto materno è infatti la sola molla che fa ribellare Filumena dopo anni di silenziosa sottomissione, inducendola all’inganno che è la sola via per assicurare un cognome ai tre figli generati di nascosto da tutti. Nel teatro eduardiano Filumena è l’unica protagonista femminile. Ed è lei la vessillifera di valori che i maschi sembrano aver dimenticato. Il coraggio, la dignità, il desiderio di riscatto. Medea al rovescio, non sacrifica i suoi figli, ma lotta per assicurare loro stabilità, rispetto, un posto non subalterno nella società. Commedia rivoluzionaria. Filumena non può niente se usa i mezzi della cultura borghese. La legge non è mai stata dalla parte della povera gente, ma potrà avere tutto, usando la forza dei sentimenti. Farà leva sul tema della paternità, e, solo in quel punto, Domenico Soriano cederà. Filumena ha ottenuto quello che desiderava. Ora, finalmente, potrà piangere» …ed il sensibile pubblico del Ricciardi commuoversi, incantato dal trionfo di tanta umanità.